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Auction archive: Lot number 214

Pieter de Witte detto Pietro il Candido (Bruges 1548 - Monaco 1628)

Estimate
€30,000 - €40,000
ca. US$33,646 - US$44,861
Price realised:
€27,000
ca. US$30,281
Auction archive: Lot number 214

Pieter de Witte detto Pietro il Candido (Bruges 1548 - Monaco 1628)

Estimate
€30,000 - €40,000
ca. US$33,646 - US$44,861
Price realised:
€27,000
ca. US$30,281
Beschreibung:

Pieter de Witte detto Pietro il Candido (Bruges 1548 - Monaco 1628) olio su tela, cm 275x182 datato 1585 sul basamento del tavolino La tela, di notevoli dimensioni e di grande impatto, appare senz’altro il frutto di una pittura colta e sofisticata. Datata 1585, si affilia di tutto punto al clima intellettuale di fine Cinquecento e alle formule ricercate del tardo Manierismo, sistemandosi con una certa agevolezza nel catalogo del fiammingo, naturalizzato italiano, Peter de Witte, meglio noto come Pietro Candido. Cresciuto nella capitale del granducato mediceo dove si era trasferito insieme al padre arazziere, Pietro di Elia de Witte, Pietro Candido debuttò a Volterra nel 1578 con la pala, firmata e datata, dipinta per la cattedrale su commissione del capitano fiorentino Francesco Giorgi. L’opera, un esempio di precoce eclettismo, già lascia trasparire quelle doti di attento ed estroso assimilatore che ne caratterizzeranno l’intera produzione, ben manifeste anche nel nostro esemplare. Nel 1582 Candido raggiunse Roma, secondo la testimonianza del Van Mander, in compagnia del Vasari che affiancò sul cantiere vaticano della Sala Regia e poi ancora, rientrato a Firenze l’anno successivo, sulla cupola di Santa Maria del Fiore. Sebbene non ci siano pervenute prove documentarie ad avvalorare tale collaborazione, è certo che l’aretino dovette esercitare sul nostro artista grande fascinazione e imprimersi come un marchio a fuoco sul suo immaginario. Nel dipinto in esame, San Paolo, inquadrato entro una nicchia semicircolare, si staglia trionfante contro un fondale architettonico che acquisisce profondità grazie alla pavimentazione a scacchiera. Sulla sinistra, dietro un’elegante savonarola, spicca l’attributo immancabile della spada che ricorda l’antefatto della sua attività di persecutore prima della miracolosa conversione avvenuta sulla via di Damasco. Dalla parte opposta, un tavolino basso si sorregge su un raffinato basamento d’oro a mo’ di figura stilofora alata. Il santo è drappeggiato nei suoi colori tradizionali, il verde e il rosso, e indossa preziosi calzari. Candido si muove con disinvoltura tra continui rimandi alla grande tradizione umanistico-rinascimentale, attingendo ad una ricca esperienza figurativa saggiata durante il suo tirocinio romano, e consolidata a Firenze sugli esempi dei colleghi toscani, uno fra tutti Alessandro Allori cui si rifanno gli accostamenti tonali audaci e la tavolozza cangiante. Chiari retaggi della sua permanenza nell’Urbe si colgono negli esiti michelangioleschi della figura che non si risparmia alcune citazioni letterarie piuttosto smaccate. Nell’attitudine della posa riecheggia senza difficoltà il Platone raffaellesco che nella “Scuola di Atene” punta l’indice alzato verso il mondo delle idee, nella tela qui oggetto di studio, divenuto, per effetto di quell’eterno e necessario dialogo che si instaura nel Cinquecento tra Antico e Moderno, il Regno dei Cieli. Anche l’intenso e acuto psicologismo dell’espressione omaggia i risultati della scultura rinascimentale maestra e le invenzioni marmoree del Buonaroti: impossibile non cogliere il rimando al suo “Mosé” di San Pietro in Vincoli, il volto contratto e la lunga barba divisa in treccioline ordinate. È noto come il nostro artista si cimentasse a modellare la creta con una certa abilità per studiare le anatomie e mettere a punto l’articolazione dei panneggi. Non è un caso che qui riesca nel suo intento di esaltare il vigoroso modellato plastico dei volumi. Con una gamba San Paolo incede nel tipico contrapposto della statuaria antica mentre il panneggio ne simula il virtuosistico effetto bagnato. L’ipotesi attributiva sin qui avanzata tramite speculazioni di natura stilistica sembra trovare conforto nella data -1585- fissata dall’autore sul basamento del tavolino. E in effetti, all’interno del corpus dell’artista fiammingo, l’opera trova convincente collocazione ad esperienza romana già compiuta, nell’alveo dell’ultima parentesi fiorentina. Candido

Auction archive: Lot number 214
Auction:
Datum:
30 Jun 2020
Auction house:
Cambi Casa d'Aste
Castello Mackenzie Mura di san Bartolomeo 16c 16
16122 Genova
Italy
info@cambiaste.com
+39 010 8395029
+39 010 879482
Beschreibung:

Pieter de Witte detto Pietro il Candido (Bruges 1548 - Monaco 1628) olio su tela, cm 275x182 datato 1585 sul basamento del tavolino La tela, di notevoli dimensioni e di grande impatto, appare senz’altro il frutto di una pittura colta e sofisticata. Datata 1585, si affilia di tutto punto al clima intellettuale di fine Cinquecento e alle formule ricercate del tardo Manierismo, sistemandosi con una certa agevolezza nel catalogo del fiammingo, naturalizzato italiano, Peter de Witte, meglio noto come Pietro Candido. Cresciuto nella capitale del granducato mediceo dove si era trasferito insieme al padre arazziere, Pietro di Elia de Witte, Pietro Candido debuttò a Volterra nel 1578 con la pala, firmata e datata, dipinta per la cattedrale su commissione del capitano fiorentino Francesco Giorgi. L’opera, un esempio di precoce eclettismo, già lascia trasparire quelle doti di attento ed estroso assimilatore che ne caratterizzeranno l’intera produzione, ben manifeste anche nel nostro esemplare. Nel 1582 Candido raggiunse Roma, secondo la testimonianza del Van Mander, in compagnia del Vasari che affiancò sul cantiere vaticano della Sala Regia e poi ancora, rientrato a Firenze l’anno successivo, sulla cupola di Santa Maria del Fiore. Sebbene non ci siano pervenute prove documentarie ad avvalorare tale collaborazione, è certo che l’aretino dovette esercitare sul nostro artista grande fascinazione e imprimersi come un marchio a fuoco sul suo immaginario. Nel dipinto in esame, San Paolo, inquadrato entro una nicchia semicircolare, si staglia trionfante contro un fondale architettonico che acquisisce profondità grazie alla pavimentazione a scacchiera. Sulla sinistra, dietro un’elegante savonarola, spicca l’attributo immancabile della spada che ricorda l’antefatto della sua attività di persecutore prima della miracolosa conversione avvenuta sulla via di Damasco. Dalla parte opposta, un tavolino basso si sorregge su un raffinato basamento d’oro a mo’ di figura stilofora alata. Il santo è drappeggiato nei suoi colori tradizionali, il verde e il rosso, e indossa preziosi calzari. Candido si muove con disinvoltura tra continui rimandi alla grande tradizione umanistico-rinascimentale, attingendo ad una ricca esperienza figurativa saggiata durante il suo tirocinio romano, e consolidata a Firenze sugli esempi dei colleghi toscani, uno fra tutti Alessandro Allori cui si rifanno gli accostamenti tonali audaci e la tavolozza cangiante. Chiari retaggi della sua permanenza nell’Urbe si colgono negli esiti michelangioleschi della figura che non si risparmia alcune citazioni letterarie piuttosto smaccate. Nell’attitudine della posa riecheggia senza difficoltà il Platone raffaellesco che nella “Scuola di Atene” punta l’indice alzato verso il mondo delle idee, nella tela qui oggetto di studio, divenuto, per effetto di quell’eterno e necessario dialogo che si instaura nel Cinquecento tra Antico e Moderno, il Regno dei Cieli. Anche l’intenso e acuto psicologismo dell’espressione omaggia i risultati della scultura rinascimentale maestra e le invenzioni marmoree del Buonaroti: impossibile non cogliere il rimando al suo “Mosé” di San Pietro in Vincoli, il volto contratto e la lunga barba divisa in treccioline ordinate. È noto come il nostro artista si cimentasse a modellare la creta con una certa abilità per studiare le anatomie e mettere a punto l’articolazione dei panneggi. Non è un caso che qui riesca nel suo intento di esaltare il vigoroso modellato plastico dei volumi. Con una gamba San Paolo incede nel tipico contrapposto della statuaria antica mentre il panneggio ne simula il virtuosistico effetto bagnato. L’ipotesi attributiva sin qui avanzata tramite speculazioni di natura stilistica sembra trovare conforto nella data -1585- fissata dall’autore sul basamento del tavolino. E in effetti, all’interno del corpus dell’artista fiammingo, l’opera trova convincente collocazione ad esperienza romana già compiuta, nell’alveo dell’ultima parentesi fiorentina. Candido

Auction archive: Lot number 214
Auction:
Datum:
30 Jun 2020
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Castello Mackenzie Mura di san Bartolomeo 16c 16
16122 Genova
Italy
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